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Viviana – Strategia della paura

Credo sia importante comprendere ora che tutto si è completato e che la zona rossa ormai
è stata definita come la nuova cartina geografica della vecchia e cara Europa, che siamo
rimasti i “già contagiati” a credere di poter ancora ristabilire le cose come erano prima della
peste Covid19.
Ecco è importante comprendere come i nostri valori, quelli a cui per centinaia di anni
eravamo legati, fossero passati di colpo in second’ordine rispetto all’emergenza sanitaria.
Credo di dover privilegiare la descrizione dei luoghi per dare l’idea della progressione che
portò alla chiusura di ogni pensiero divergente. Le piazze e le strade erano vuote, un odore
pungente di disinfettante utilizzato per sanificare le strade, le rendeva poco gradevoli. Erano
città silenziose, ma non un silenzio che ispirasse pace, un silenzio che precedeva l’attesa,
come in un giorno di funerale quando si aspetta che la bara esca dalla casa. I suoni erano
la cosa che faceva aumentare maggiormente il timore. Anche se le strade erano vuote, il
continuo accendersi delle sirene delle autoambulanze dava l’idea della precarietà della vita.
Gli elicotteri facevano lunghi voli inutili.
Le auto della polizia si ponevano nei posti centrali così da fermare e multare i passanti, e
altoparlanti urlavano di stare in casa. I parchi erano i luoghi più difficili da controllare. Le
persone, pur non salutandosi e continuando a tenere le distanze di sicurezza, continuavano
però a fingere una certa normalità. La corsa al parco divenne proprio l’emblema della
ribellione. I cittadini maggiormente coinvolti nel delirio del virus, seppure in buona fede,
iniziarono a chiederne a gran voce la chiusura. Bastò qualche foto a dispetto di migliaia di
cittadini rispettosi per far recintare col nastro rosso e bianco tutti i parchi. Chi correva fu
accusato di essere imprudente, di aver solo iniziato a correre in sfregio di coloro che
morivano, di acquistare on line le attrezzature per poter fingere di correre. C’era chi
infangava le scarpe per poterle usare senza dare troppo nell’occhio. Furono tacciati
pubblicamente di comportarsi con un egoismo spaventoso spargendo il virus.
I sedentari e gli invidiosi, quelli che già prima non amavano uscire di casa e mettersi in
relazione con gli altri ebbero la meglio su chi conduceva una vita sana, sui timidi e schivi
corridori e su coloro che per nevrastenie già presenti prima della Covid19 peste
necessitavano di luoghi di decompressione diversi dalla loro casa.
I suicidi ci furono, ma nessuno riportò il dato. Il bollettino delle sei di sera era una conta che
terrorizzava. Le persone piangevano e pensavano ai loro genitori anziani. Qualcuno era
morto, ma c’erano i sopravvissuti. Eravamo i sopravvissuti ed eravamo anche tanti.
Mentre altri cittadini davanti alla ghigliottina delle notizie delle 18.00 stavano ad aspettare
per avere ancora più paura e nella paura affogare ogni mancanza di riguardo per sé e per
la propria storia.
Viviana Ferrero