Sara – La catapulta
Eccomi qui, alla fine di una storia e di un tempo che oggi mi appare infinito.
Mi sembra di essere saltata da un crepaccio con una catapulta, per mettermi in salvo.
Se mi volto indietro vedo luoghi, persone, paesaggi che segnano una distanza incommensurabile dal mio nuovo punto di vista.
Nessuno e, men che meno io, avrei mai immaginato lo scenario attuale ma tutto è accaduto.
Ho vissuto sulla mia pelle la perdita di un’amicizia nella quale credevo e nella quale avevo investito tanto di me: completa fiducia, affetto, stima e condivisione del lavoro e della vita.
La mia cara amica, poco prima della info psico plandemia è assurta a capo dell’ufficio nel quale lavoro e, nonostante la presenza e il sostegno costanti da parte mia, sia come amica che come collega, ha smontato pezzo per pezzo la nostra amicizia ultradecennale.
Pensavo che il suo comportamento, che mutava di giorno in giorno, fossero la conseguenza del peso del suo ruolo, delle preoccupazioni e responsabilità che comportava, ma questi erano solo una parte del problema.
E’ bastato che decidessi di dire no all’inoculazione del siero e che non tenessi per me informazioni, quanto meno dotate di senso critico, per cominciare a vedermi screditata e ridicolizzata con i colleghi e poi, un pò alla volta, privata delle informazioni relative al nostro lavoro, guardata con disapprovazione e additata a complottista dell’ultima ora.
Puntello per puntello mi ha lasciata priva di appigli. Con una serie di mosse ha dapprima fatto crollare la stima nei miei confronti, poi la fiducia lavorativa e infine ha tentato di togliermi la dignità, ma questo non l’ho permesso.
Ho provato invano un confronto diretto, non riuscivo ad accettare quello che stava accadendo ma non trovato altro che gelo e silenzio dall’altra parte.
Qualche conoscenza comune mi ha detto che avevo idealizzato questa piccola Kapò e che dovevo fregarmene, ma non è stato così.
Piena di dolore, ma decisa a ritrovare dignità e serenità, ho chiesto il trasferimento, dopo quasi vent’anni di lavoro e di costruzione di un ruolo in un ambito che apprezzavo e amavo.
Oggi sto meglio ma cammino sulle macerie e spero in un mondo nuovo che riconosca l’umanità, che si riprenda i diritti perduti e che metta al primo posto l’amore e il rispetto dei quali dovremmo essere portatori, in quanto esseri umani.
Questo è uno degli effetti avversi della pandemia, delle imposizioni, delle discriminazioni, della propaganda di un regime dittatoriale mascherato da democrazia e salvaguardia della salute.
Spero con tutto il cuore che l’umanità si risvegli, nel nome di Dio e del bene che ancora pervade il mondo.