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Fulvio – Covid 19: discriminazione e abbandono

Mio figlio Filippo ha 21 anni; 48 ore dopo la somministrazione della seconda dose di vaccino Pfizer è stato ricoverato in cardiologia, reparto di terapia intensiva. La diagnosi, miocardite e pericardite – quasi sicuramente insorte quale effetto avverso della vaccinazione. Dopo oltre 10 giorni trascorsi immobile a letto, monitorato 24 ore su 24, è stato dimesso con cura farmacologica e tassativo impedimento a svolgere attività sportiva o anche solo leggeri sforzi fisici (tipo una corsa per prendere il bus), niente caffè, niente alcool (vietata anche una birra all’aperitivo) per almeno sei mesi. Dalla data dell’evento sono trascorsi quasi sei mesi, che Filippo ha vissuto come un anziano cardiopatico, a base di farmaci e niente sforzi. Ora siamo in attesa dei prossimi esami per scoprire se la grave infiammazione si sia risolta oppure se rimarranno degli esiti.

Filippo non avrebbe voluto vaccinarsi, aveva preso questa decisione dopo essersi informato leggendo le pubblicazioni di EMA e AIFA, verificando quale fosse il numero dei giovani sani seriamente colpiti dalla malattia, quali fossero gli effetti collaterali possibili noti e quali possono essere gli effetti a medio/lungo termine (cancerogenicità, sterilità,…) ancora non sufficientemente indagati e conosciuti; aspetto non trascurabile per un giovane di 21 anni con una lunga aspettativa di vita. Filippo aveva scelto di esercitare il suo diritto a non sottoporsi ad un trattamento farmacologico sperimentale, inoculato in un soggetto sano per prevenire eventuali possibili effetti gravi di un futuro contagio; che statisticamente non aveva e non ha particolari effetti sulla popolazione giovane. Quando è stato introdotto il primo “green pass” mio figlio Filippo ha potuto esercitare il suo diritto di scelta e non si è vaccinato. Ha potuto esercitare il suo diritto grazie alla capacità economica della sua famiglia che poteva sostenere il costo di quei tamponi necessari per consentire ai cittadini non vaccinati di svolgere una vita normale (andare all’università, prendere un mezzo pubblico).

E qui veniamo al primo punto: la discriminazione. Con l’obbligo del tampone (a pagamento) per avere il green pass, lo stato ha di fatto confermato per decreto che i cittadini NON sono tutti uguali, è stata infatti la disponibilità economica che ha permesso ad alcuni cittadini di esercitare il diritto a non vaccinarsi continuando a godere dei propri diritti civili; altri Italiani meno abbienti non hanno potuto scegliere. Filippo è rimasto colpito da questo aspetto; non la legge, non il diritto, non la costituzione tutelano la mia libertà di scelta, ma solo “il denaro che la mia famiglia può spendere può garantirmi di poter scegliere”. Non è stato bello per un giovane di 21 anni rendersi conto che lo stato in cui vivi – democratico e sempre in affanno per la tutela dei diritti di chiunque e per eliminare le discriminazioni – introduca per decreto la discriminazione su base economica. È quindi solo il denaro che ci permette di essere liberi o più liberi di altri? È solo il denaro che ci dà la possibilità di scegliere? E il diritto? E la legge? E la costituzione? E le battaglie per i diritti civili?

Se questo era vero con l’introduzione del tampone per avere il green pass, lo è stato a maggior ragione con l’arrivo del “Super green pass”, strumento a mio parere di dubbia efficacia sanitaria, che ha di fatto escluso la popolazione non vaccinata dall’esercizio dei diritti fondamentali come il lavoro. Semplicemente la discriminazione ha elevato il livello economico necessario per continuare ad esercitare il diritto di scelta – non il dipendente dell’azienda (che senza vaccino viene privato del lavoro) ma il titolare dell’azienda (che può non lavorare – non andare in ufficio – o andarci comunque perché tanto l’azienda è sua e nessuno obbietta) può scegliere se vaccinarsi o meno.

Ma torniamo a mio figlio Filippo che, con l’introduzione del Super green pass e senza vaccinazione non avrebbe più potuto svolgere una vita normale, o anche solo esercitare il diritto a frequentare l’università (comunque già pagata) o prendere un bus (comunque già pagato). E quindi, obbligato surrettiziamente – ma obbligato anche a firmare per aver “scelto” di vaccinarsi consapevole degli effetti collaterali – si è sottoposto alla vaccinazione con gli esiti già descritti.

Il reparto di cardiologia presso cui è stato in cura ha segnalato l’evento avverso, compilando con dovizia tutti i documenti (date, lotto del farmaco, esami,…). Filippo pensava che lo Stato si sarebbe interessato del suo caso, che qualcuno avesse interesse alla sua salute, che anche solo banalmente gli fosse arrivata una esenzione per non pagare il ticket sugli esami di controllo o sui farmaci. Mio figlio Filippo credeva che la sua segnalazione, insieme a quelle di tutti (troppi) i giovani colpiti dagli effetti collaterali sarebbe stata utile per studiare e approfondire e che qualcuno lo avrebbe visitato, seguito e nel caso aiutato, anche psicologicamente, per superare una condizione di menomazione che sta vivendo – per superare l’ansia per un esito finale che ci auguriamo favorevole. SILENZIO. E quindi Filippo si interroga, quando ascolta in televisione lo “scienziato” di turno che racconta di effetti collaterali quasi inesistenti e comunque minimi, su quale sia la fonte e la attendibilità di tali dichiarazioni appurato che non vi è alcuno studio e controllo su chi è stato colpito da effetti avversi.

Filippo ha scoperto che di lui, di come sta, di cosa gli succede allo “Stato” non interessa; lo “Stato” è presente con estrema attenzione e puntualità solo quando si tratta di sanzionare (sappiamo di medici in vacanza a cui è scaduto il termine per la terza dose che sono stati sospesi in tempo reale) con un controllo e una precisione che lasciano stupiti e che vorremmo veder applicati a migliori cause. Filippo sente di essere stato abbandonato.

Filippo va all’università, studia, è cresciuto con i valori dell’onestà, del rispetto delle regole, della democrazia, come tanti altri giovani è elemento importante per il futuro di un paese in cui vivere dando il meglio di sé. Filippo ha vissuto, ha provato su se stesso cosa significhino la negazione dei diritti, la discriminazione, l’abbandono; potrà ancora avere fiducia nello Stato?

Io no!

Fulvio Rogledi

P.S. È arrivato in questi giorni l’esito degli esami di controllo; ringraziando Dio è rimasto solo un lieve esito – una leggera fibrosi al miocardio – che non dovrebbe incidere sulla salute futura. Ora inizia la graduale ripresa per recuperare la forma fisica e qualche danno muscolare dovuto alla cura farmacologica.