David – Morte e rinascita
Era una mattina come tutte le altre. La sveglia però non suonava più come quando andavo a scuola. Ormai avevo preso il ritmo biologico dell’uomo che va a lavoro e che apre gli occhi automaticamente un attimo prima che trilli l’orologio. Era infatti solo da qualche mese che avevo trovato lavoro. Torino non offre grandi possibilità a uno come me, diplomato in agraria e con tanta fiducia in un futuro meno pestilenziale e più ecosostenibile. Perciò, felice del miracolo, mi recai a lavoro in questa piccola azienda nella provincia piemontese.
Le misure restrittive del governo non mi riguardavano (pensavo io), ho solo 19 anni, sono in perfetta forma fisica, non ho mai avuto gravi problemi di salute, rispetto comunque le distanze e faccio attenzione (come ho sempre fatto, se non altro per buona educazione). Invece, evidentemente, ciò non bastava più. Ad aspettarmi all’ingresso dell’azienda, con fare insolito, vedo il mio datore di lavoro battere il piede a ritmo accelerato.
Premessa: nel mio lavoro il contatto fisico e decisamente qualcosa di molto raro. Spesso passiamo intere giornate a lavorare all’interno della serra a testa bassa, senza nemmeno incrociare lo sguardo con nessuno che è nelle vicinanze. Questo lavoro infatti mi piace proprio perché dopo qualche tempo passato a contatto con la terra e come se ti fondessi con essa, isolandoti da tutto e da tutti…
Ma torniamo all’incontro col mio datore di lavoro. Intanto, il suo tono era cambiato. Si vede che gli ultimi decreti legge avevano già da subito iniziato a influenzare e regolamentare persino il carattere delle persone, soprattutto quelle impegnate a ricoprire ruoli di responsabilità (e non solo…).
È inutile dire che molti ragazzi della mia generazione (me compreso) ignorano questo tipo di scelte politiche. Per noi è tutto un fare politico astruso ed estremamente contraddittorio, che faceva venire il voltastomaco già prima dell’emergenza pandemica, ma che con quest’ultima è diventato davvero insopportabile. Questo per dire che quindi non ero al corrente delle ultime novità in materia di regole e regolette. Allora mi disse: “Da domani se non hai il super green pass tu qui non puoi più venire lo sai?”. Caddi dal cielo. Un gelo misto a fuoco attraversò la mia sottile colonna vertebrale. Intuii in quel momento che il confine fra “sicurezza pubblica” e mania di persecuzione era stato superato. Forse, ragionando a ritroso, era già stato superato da tempo, ma sicuramente da quel momento in poi tutto diventò evidente. Evidente come lo è adesso che, nonostante il maledetto pass sanitario sia sospeso, il clima di terrore e di emergenza è pur sempre presente in mezzo a noi.
La mia esperienza lavorativa purtroppo si è conclusa presto. Di fronte all’ennesima insensatezza mi sono rifiutato di convivere con la paura: non certo dell’infezione ma del luogo di lavoro. Ora sono nuovamente in ricerca e ciò non mi spaventa. Certo sono triste e mi dispiace di tutto quello che è successo e che ancora sta succedendo. Eppure, confido sempre nella forza della natura, nel suo ciclo infinito di morte e di rinascita. Da un certo punto di vista, secondo me, stiamo un pò tutti morendo… ma io so che presto o tardi tornerò a lavorare con le mani nella terra. E lo so semplicemente perché quello è il mio posto.